Presso il museo d'arte moderna e contemporanea Casa Cavazzini di Udine.
Heidegger, il sintomo. Oltre i Quaderni neri
Tavola rotonda con
Carmine Di Martino, Fabio Polidori e Andrea Zhok
Modera
Beatrice Bonato
Abstract
La pubblicazione degli Schwarze Hefte, i quaderni che Martin Heidegger volle fossero conosciuti alla fine della sua opera, ha creato forte disagio nel mondo accademico internazionale, scatenando anche in Italia aspre discussioni accompagnate da una vasta eco mediatica. Di fronte alle affermazioni antisemite rintracciabili in queste pagine, si è ripetuta e amplificata la reazione di condanna dell’uomo e del pensatore che molti intellettuali avevano già espresso quasi trent’anni fa in relazione alla sua adesione al nazismo e al suo mancato pentimento. Ma oggi la posta in gioco appare diversa e più pesante. Sembra che, da più parti, si voglia cancellare un’esperienza filosofica centrale per la contemporaneità, e con questo gesto si punti a dichiarare chiusa la stagione del Novecento. Con Heidegger si stanno insomma liquidando l’ermeneutica, la decostruzione, forse persino la fenomenologia, ma soprattutto il cosiddetto “postmoderno”, mentre si rilancia l’idea di una filosofia “scientifica”.
E se il caso Heidegger fosse invece un sintomo della coscienza filosofica europea? Il segnale di una rimozione e di un occultamento? Se l’insistenza sul nazismo di Heidegger finisse per distoglierci dalle macchie cieche nei rapporti tra politica, economia e filosofia in una fase in cui la globalizzazione si rovescia in nuove forme di barbarie? Proprio la riflessione heideggeriana sui temi del dominio tecnico, del pensiero calcolante, dell’evento, potrebbe invece darci ancora molto da pensare proprio su ciò che ci riguarda più da vicino.