LA MUSICA DEL CASO

Abstract dell’intervento di Alessandro Bertinetto

Le critiche alle idee sulla musica proclamate da Kierkegaard riflettono la più generale ostilità di Adorno al soggettivismo esistenzialista che negli anni ’30 impregnava il pensiero del più grande estimatore novecentesco del filosofo danese: Martin Heidegger. Insistendo sull’idea del carattere dialettico del pensiero filosofico e sulla sua radicale distinzione dalla “poesia”, Adorno, nel suo scritto giovanile, anticipa così alcuni temi del suo maturo pensiero filosofico ed estetico, affidandosi (a modo suo) al nemico numero uno di Kierkegaard: Hegel. Così come all’identificazione del musicale con la leggerezza mozartiana contrapporrà la (peraltro assai discutibile) analogia tra la filosofia di Hegel e la musica di Beethoven, Adorno, di contro agli svolazzi estetizzanti della soggettività del seduttore kierkegaardiano, difende il primato dell’oggetto”, che costituirà uno dei pilastri della Teoria estetica, fino al punto di sostenere – in linea con l’ideologia dominante nel ‘900, un’ontologia oggettivistica della musica (a mio avviso del tutto scorretta) che nega il carattere effimero della performance (giustamente messo in primo piano da Kierkegaard). Tuttavia, una tesi che si può argomentare è la seguente: nonostante esplicite e mirate obiezioni, Adorno accoglierà comunque nella sua dialettica negativa (almeno dal punto di vista funzionale) la rivendicazione kierkegaardiana dei diritti filosofici del “singolo” che, spogliato dalle sue connotazioni estetizzanti ed esistenzialiste, nell’impianto del suo pensiero assumerà le vesti (antitotalitarie) del “non-identico”.