Summer School 2016

Al via la SUMMER SCHOOL  DI FILOSOFIA e TEORIA CRITICA

Edizione 2016 a Gorizia

goLa Sezione FVG  da quest’anno soggetto capofila della RETE

Dal 26 settembre al 5 ottobre 2016 si svolgerà la quarta edizione della Summer School, corso residenziale di approfondimento filosofico, quest’anno ospitato al Polo universitario di Gorizia, in via D’Alviano. La Summer School è organizzata dalla RETE per la Filosofia e gli Studi umanistici, della quale fanno parte Licei e Istituti superiori di tutto il Friuli-Venezia Giulia, i Dipartimenti umanistici delle Università di Trieste e di Udine, la Società Filosofica Italiana – Sezione Friuli Venezia Giulia, che da quest’anno ha il ruolo di soggetto capofila.

La prossima edizione ha come titolo La psicoanalisi di Freud e il pensiero del Novecento. Le lezioni, i seminari, i laboratori e le conferenze della scuola attraverseranno, a partire dall’opera di Freud, alcune linee cruciali di sviluppo della psicoanalisi, mostrandone la fecondità per i percorsi del pensiero contemporaneo e saggiandone la tenuta alla luce del confronto con la filosofia. La Summer School intende così mettere a disposizione degli studenti alcuni strumenti critici e metodologici per abbordare importanti temi del pensiero di Freud, a partire dall’inconscio, dal decentramento del soggetto, dalla riflessione sul linguaggio e sull’immaginario, in un’ottica che non perde di vista le molteplici implicazioni della psicoanalisi.

Coordinatore generale della Rete e responsabile scientifico della Summer School è Raoul Kirchmayr, docente all’Università di Trieste e al Liceo Galilei di Trieste.

Vedi anche Nuova Convenzione della Rete , il programma 2016 e il Flyer di presentazione della Summer School

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Soggetto e desiderio nel lascito freudiano alla filosofia. Le lezioni di Igor Pelgreffi, Graziella Berto, Pier Aldo Rovatti e Paolo Godani

Tra i molti pregi di questa edizione della Summer School di Filosofia e Teoria critica, c’è senz’altro quello di aver rimesso a fuoco un aspetto centrale e problematico del rapporto tra la scoperta freudiana e la filosofia del Novecento e di averlo reso accessibile alla folta platea di studenti con una chiarezza non scontata e non facile da raggiungere. Il punto è questo: posto che la psicoanalisi ha fatto saltare una certa idea di soggetto, rompendone l’identificazione con la coscienza, portando alla luce una dimensione dell’inconscio dominata da dinamiche indipendenti dall’io, la questione del soggetto che fine fa? È ancora un tema sul quale vale la pena che la filosofia si affatichi, oppure è un residuo di cui disfarsi?

Riassumerò i passaggi fondamentali di alcune lezioni del corso, tenendo sullo sfondo questa biforcazione tra due esiti che rimangono opposti. Detto in modo molto schematico, una è la via derridiana, e, seppure in un senso diverso, anche quella lacaniana; l’altra ci riconduce all’opera di Gilles Deleuze e Felix Guattari.

Sul rapporto tra  psicoanalisi e decostruzione si sono addentrati sia Igor Pelgreffi, nel primo turno del corso, sia Graziella Berto nell’ultimo. Pelgreffi (Psicoanalisi, decostruzione e scrittura: il legame complesso tra Freud e Derrida),  ha messo a fuoco soprattutto il confronto intrapreso da Jacques Derrida con la psicoanalisi nel saggio “La scena della scrittura”, pubblicato in La scrittura e la differenza (1967). ss9La critica del logocentrismo, ovvero del privilegio accordato alla voce parlante e cosciente, il riconoscimento che ogni intuizione è costruzione, che l’origine è ripetizione, che non troviamo mai presenza e neppure, in senso stretto, segno, ma sempre solo traccia, si legano sicuramente alla scoperta di Freud. Di qui la possibilità di interpretare la metafisica come una sorta di nevrosi, dove ciò che abbiamo rimosso sarebbe la complessità, la natura indecidibile, ibrida, di certe parole e di certe esperienze, occultata dalla passione per le coppie oppositive. Che a loro volta mostrano sempre una caratteristica struttura bipolare di tipo “morale”, perché è sempre uno dei due termini della coppia a essere considerato come positivo, con il risultato che l’altro riceve il proprio senso negativo dal primo. Il medesimo non è pensabile in altre parole senza l’altro, ma l’esito della manovra metafisica è che l’altro è pensato a partire dal medesimo, e così negato, colonizzato, messo al servizio del medesimo. Se è questa la pulsione che domina la filosofia, Derrida ha cercato di farne emergere il rimosso, il trauma. Con la consapevolezza che la metafisica è tuttavia insuperabile, e che questo non è semplicemente un limite. Contro la ragione non si può far altro che appellarsi alla ragione.

ss13Su questo ruolo della ragione si è aperta la relazione di Graziella Berto, Pensare con Freud: la decostruzione di Derrida. Berto ha preso le mosse da un’intervista rilasciata da Derrida a Elizabeth Roudinesco nel 2001 (Quale domani), dove il filosofo si definiva “amico della psicoanalisi”. Derrida ha mutuato da Freud l’idea di una rivoluzione nel modo di pensare. Una rivoluzione che non ha niente a che fare con l’irrazionalismo. La decostruzione non è infatti una distruzione della ragione, né della filosofia, ma piuttosto una “desedimentazione”. La sua stessa tendenza alla chiusura porta la ragione a una autoimmunità, che Derrida ha inteso, scostandosi dall’uso corrente, in senso positivo. Con la nozione di inconscio, parola a cui ormai siamo fin troppo abituati, Freud ha messo in crisi una certa idea di trasparenza del soggetto, che si lega a un’idea di identità, secondo cui “Io sono ciò che so di me”. La psicanalisi mette in questione l’idea del primato della presenza. Nella nozione di inconscio affiora l’altro, l’eteronomia. Non essere padroni a casa propria vuol dire esattamente essere abitati da pensieri non “pensati”, come “ospiti stranieri più potenti di quelli controllati dall’Io”. Al soggetto che si credeva padrone di sé, Freud assegna il difficile compito di rientrare in sé e imparare prima a conoscersi. L’alterità sta dentro e non fuori. DerridaDopo aver ripercorso gli altri momenti topici del confronto derridiano con Freud (l’elaborazione della nozione di traccia nella Grammatologia del 1967, il lavoro paziente volto a seguire il “passo” di Freud in Speculare – su “Freud” del 1980), Berto si è soffermata sulle forti resistenze nel senso psicoanalitico del termine verso la decostruzione. Ma ci sono resistenze della e nella stessa psicoanalisi, sulle quali Derrida ha pure portato l’attenzione. Resistenze che segnalano la difficoltà di pensare “al di là”, non solo al di là del principio di piacere, ma anche al di là del dualismo pulsionale, al di là delle enigmatiche pulsioni di morte, al di là della crudeltà, al di là del potere, come si legge in Stati d’animo della psicanalisi (2000). Sapendo che si può solo muoversi sui bordi, mai transitare oltre, verso il possesso di un senso originario. L’autoimmunità della ragione starebbe dunque nel mettere in gioco la sua tendenza a toccare un al di là. Come Freud, anche Derrida si definisce in fondo un Illuminista, ma parla di nuovi lumi, capaci di indebolire la sovranità, per far passare l’evento. Una ragione che calcola tutto è il rischio da cui ci mette in guardia.

Per la conferenza del 5 ottobre, che ha concluso l’ultima tornata della Summer School, Pier Aldo Rovatti ha scelto il titolo Per un pensiero debole. Da Freud a Lacan. Titolo in cui ha voluto condensare un excursus sulla più originale e controversa rilettura psicanalitica di Freud, qual è appunto quella lacaniana, e una spiegazione della propria prospettiva teorica, il “Pensiero debole”.pensiero debole L’elemento di continuità con le lezioni su Derrida e Freud balza subito agli occhi. L’indebolimento è già tutto nella rivelazione freudiana che noi non siamo padroni di noi stessi. Rovatti inserisce subito nel discorso ancora un tassello: la malattia, il disagio del nostro tempo. E propone di interpretarlo come una forma di horror vacui, terrore delle zone di vuoto, con la conseguente ansia di riempimento. Ora, il vuoto ha a che fare con la non padronanza di sé. Manque-à-être l’ha chiamata Lacan; riferita al soggetto umano, indica una incompiutezza. Per questo si desidera. Ebbene, il contro-movimento rispetto a questa ansia di riempimento è appunto il pensiero debole. Un discorso rischioso, che potrebbe portarci a un’economia della soggettività piuttosto deludente. E che infatti suscitò immediatamente, appena quell’etichetta cominciò a circolare, molte reazioni negative. Negli anni Ottanta fu interpretato come un riflusso. Eppure Rovatti ricorda di esserci arrivato attraverso Marx, oltre che attraverso la fenomenologia, lavorando sugli elementi “deboli” presenti in Marx, come la nozione di bisogno. Oggi, dopo tutte le polemiche dei decenni trascorsi, il pensiero debole sta diventando paradossalmente molto attuale. Cos’è infatti oggi un pensiero critico, di fronte alla planetarizzazione del capitalismo? L’antidoto all’horror vacui è l’horror pleni, una sorta di “de-pressione” in senso positivo.

Entrando nel merito dell’operazione di Lacan, Rovatti ha messo in campo, insieme alla verità, l’attore principale del teatro filosofico: il soggetto. Se c’è inconscio e se lo prendiamo sul serio, allora il soggetto non è padrone di sé. Ciò contraddice l’ideale di trasparenza oggi ovunque proposto. In rapporto alla questione del soggetto, l’indagine scientifica sul sogno non sembra essere venuta a capo di nulla. L’altra direzione è quella di dare valore positivo a questo non sapere. Ecco un esempio di  indebolimento, dare un valore al “vacuum”. Ciò che non conosciamo, ciò su cui non siamo svegli, è importante. Il soggetto ha a che fare con la nostra non trasparenza, è dormiente. Dovrà svegliarsi, oppure è bene che dorma?

Infine, con la teoria dei tre registri, immaginario, simbolico, reale, Lacan ha negato l’unità del soggetto, mostrando che esso si trova su più piani, non sovrapponibili e non armonizzabili. Ora, come reagire a questa dissoluzione dell’unità? Ne siamo sopraffatti? Siamo in una condizione tragica, come anni fa suggeriva Sergio Givone? No, sostiene Rovatti, il pensiero debole non sfocia in un esito tragico, semmai nell’accettazione della nostra condizione paradossale. Di nuovo viene evocata la decostruzione. Come la decostruzione, il pensiero debole è interessato agli inciampi di Freud. Rovatti richiama la Lezione 31 dell’Introduzione alla psicoanalisi, dove Freud parla di una sorta di prosciugamento dell’inconscio da parte delle forze del progresso, che sono le forze dell’io. Ѐ la famosissima metafora della bonifica dello Zuidersee. Tale sarebbe il senso della formula “Wo Es war Soll Ich werden”. Ma dunque? Freud indubbiamente oscilla. Invece Lacan va decisamente in un’altra direzione. Il luogo più interessante, dice Rovatti, è il Seminario XVII, Il rovescio della psicanalisi. Qui, dove Lacan lavora sulla questione della padronanza, la frase di Freud viene interpretata in maniera opposta. Non è l’Io che va alla conquista dell’Es; si deve fare in modo di andare dalla parte dell’inconscio. Noi dobbiamo andare là. Tanto in Freud quanto in Lacan opera dunque una de-compressione del soggetto. Questa parola, soggetto, non si può buttar via, come molti vorrebbero, perché è una parola che ci rappresenta. Si può però decomprimerla.

Se Derrida e Lacan, pur decostruendo e decomprimendo, hanno continuato a dare rilievo alla questione del soggetto (che è anche la questione dell’identità, della ragione, della filosofia), c’è stata una potente esperienza filosofica che ha puntato a saltare il bordo e a elaborare un pensiero senza soggetto. Ѐ l’impresa compiuta da Gilles Deleuze e Felix Guattari in Capitalismo e schizofrenia (L’Anti-Edipo Millepiani, pubblicati rispettivamente nel 1972 e nel 1980). deleuze-guattariLa conferenza di Paolo Godani Per la critica dell’economia libidinale  ne ha esposto con rigore e chiarezza le tesi, con cui le sue posizioni filosofiche sono in sintonia. La prima premessa è data dal parallelo tra critica marxiana dell’economia politica e critica della psicanalisi e dell’economia libidinale che la sostiene. Freud sarebbe, sostiene il relatore con Deleuze e Guattari, lo scopritore del campo del desiderio o libido, non tanto dell’inconscio. L’altra novità è che Freud fonda il desiderio sulla libido quantitativa, la natura astratta del desiderio, come David Ricardo aveva scoperto il lavoro astratto, ovvero il lavoro tout court. Coerentemente con tale prospettiva, Deleuze e Guattari intendono il desiderio come campi di forze, più che come qualcosa di soggettivo e individuale. D’altra parte rivolgono una violenta critica contro la psicoanalisi, che avrebbe colonizzato il campo del desiderio, imponendogli “costumi europei” (Edipo, figura della famiglia borghese, patriarcale, norma proiettata sull’inconscio). Così alla psicanalisi viene imputata, paradossalmente, la permanenza di una componente personalistica, risalente al cristianesimo. Questo esito non era scontato. La psicanalisi avrebbe potuto essere altro. Ѐ possibile infatti  pensare in modo nuovo  la relazione tra campo del desiderio e campo politico. La lettura congiunta di psicoanalisi e marxismo non era certo nuova: basti pensare al freudomarxismo, a Reich e a Marcuse. Ma la via dei due pensatori francesi è diversa. La loro tesi è che l’organizzazione economico-sociale sia già di per sé intrisa di desiderio. Esso ha come suo oggetto il campo intero delle relazioni sociali. Non occorre perciò cercare a posteriori la connessione, la mediazione di una conciliazione dialettica. La dialettica e la necessità del lavoro del negativo vengono respinte, per fare posto alla logica dell’immanenza. I termini si mescolano: il desiderio può essere rivoluzionario o fascista, viceversa una formazione sociale può essere schizofrenica o paranoica. E non c’è nessuna metafora, perché la metafora è il corrispettivo della dialettica. I termini valgono, letteralmente, nello stesso senso. Ciò non vuol dire che le società abbiano una psiche personale. Una società può essere letteralmente paranoica. Un esempio di questo innesto immediato sono Le memorie di un malato di nervi del presidente Schreber. La psicanalisi avrebbe marginalizzato gli elementi politici e cosmici di questo  delirio, per concentrarsi solo sull’Edipo. Ma nel delirio di Schreber il triangolo familiare non c’è; c’è piuttosto uno sguardo mitologico. Lo riguarda molto di più l’ordine planetario che quello della sua famiglia. Il suo desiderio è di essere l’unico sopravvivente in un mondo dove tutti siano morti. A Schreber interessano le masse, umane e cosmiche, perché sono minacciose. Pericolose perché minacciano il popolo eletto, quello tedesco, che Dio gli ha dato il compito di difendere. Ecco il polo paranoico. Al polo opposto, quello schizofrenico, troviamo il delirio di August Blanqui, rivoluzionario di professione, esposto in L’eternità attraverso gli astri: una cosmologia di mondi possibili, concepita tra attentati e lunghe fasi di prigionia.

Se partiamo, all’inverso, dalla società, vediamo in opera dinamiche desideranti impersonali. Non vuol dire che ci siano strutture che causano sovrastrutture deliranti. Né ideologie capaci di colonizzare le menti degli individui. Le dinamiche sociali sono leggibili immediatamente con categorie libidinali. Anche qui, Godani propone un esempio. Il Fascismo ha sempre fatto problema a tutta la tradizione freudomarxista. Perché le masse vanno verso il Fascismo, quando, con tutta evidenza, esso va contro i loro interessi, anzi le opprime? Una spiegazione classica è che le masse siano state ingannate. Deleuze e Guattari pensano invece che il Fascismo sia un desiderio. Ciò vuol dire che esiste un desiderio fascista. Perché gli uomini, si chiedeva Spinoza nel Trattato teologico-politico, combattono per la propria servitù come se si trattasse della propria salvezza? Perché si accettano, oggi come ieri, diseguaglianze plateali senza ribellarsi? Per gli autori dell’Anti-Edipo è necessario distinguere due livelli dell’investimento del desiderio: uno inconscio e uno preconscio, non coincidenti. Le masse possono aderire al fascismo perché sono mosse dal livello inconscio. A livello preconscio, razionale, lo rigetterebbero. Ma cosa significa desiderare il Fascismo? Il motivo è che può essere preferibile essere un ingranaggio di una macchina che non essere nulla. Almeno ci si sente di appartenere alla macchina. Così è per l’assoggettamento alla burocrazia. Ma è anche vero che da un punto di vista inconscio ci sono modalità paranoiche o schizofreniche. Il desiderio è fascista o rivoluzionario. Il Fascismo, conclude Godani, non è un esempio scelto a caso. Come ha scritto Foucault, l’Anti-Edipo è una “introduzione alla vita non fascista”.godani

Una vita non fascista: bellissima promessa – a meno che non sia un’utopia – di cui però si coglie tutta l’attualità solo se si estende, come credo sia giusto, il concetto libidinale di fascismo alle attuali forme di dominio e di assoggettamento “spontaneo”. Oppure, il che forse è più corretto, se si smette di considerare il fascismo come l’unica forma di paranoia politica che si possa immaginare. E se si decide di applicare, come nel finale della propria esposizione Godani ha fatto, l’analisi di Deleuze e Guattari al neoliberalismo.

vita comune

Ma, mi domando, abbiamo davvero bisogno di sacrificare il soggetto per lasciare aperta questa prospettiva? O forse è venuto il tempo di ricongiungere “vita comune” (titolo dell’ultimo saggio di Paolo Godani) e soggettività individuale, che è qualcosa di più e di meno dell’io “padrone di sé”? Mi piacerebbe provare a seguire questa alternativa.

Beatrice Bonato

 

 

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Pubblichiamo ora gli abstract di alcuni interventi

 

Lorena Lanzoni (Liceo Scientifico “P. Gobetti”, Scandiano, Reggio Emilia)
goLezione: lunedì 3 ottobre, Via Alviano, 18, aula 404, IV piano, ore 10-12.
Seminario: martedì 4 ottobre, aula “Docenti”, VI piano, ore 10-12 e 14-16.

Al di là del principio di realtà. Eros, arte, liberazione in Herbert Marcuse

La Scuola di Francoforte, pur nella pluralità di voci in cui trovò espressione, comprese che due componenti fondamentali determinavano il carattere autoritario e repressivo della moderna società di massa: da un lato relazioni economiche di classe, dall’altro processi di consenso e manipolazione delle coscienze e dell’immaginario dei ceti subalterni, comprensibili solo attraverso l’analisi dei processi psichici di formazione del soggetto, ampiamente esplorati dalla psicoanalisi. Il prezzo della civiltà è la repressione e il suo disagio è la nevrosi: questa tesi, esposta nelle opere freudiane di carattere storico-sociale, impone secondo Herbert Marcuse un’analisi e una ridefinizione di concetti freudiani fondamentali, come il rapporto tra principio di piacere e principio di realtà, tra Eros e Thanatos, tra repressione e sublimazione. Marcuse individua così nel corpo e nel desiderio, nell’immaginazione e nell’arte, i fondamenti di un nuovo ordine sociale, nella convinzione che la felicità sia possibile, «al di là del principio di realtà».
Il percorso seminariale, attraverso l’analisi di pagine scelte da alcune opere di Marcuse (Eros e civiltà, 1955; L’uomo a una dimensione, 1964; Saggio sulla liberazione, 1969), cercherà di restituire l’evoluzione del suo pensiero a partire dai presupposti freudiani, studiandone le relazioni con fenomeni artistici, come il surrealismo o il situazionismo, e politici, come i movimenti di protesta degli anni ‘60-‘70, al fine di sollecitare una discussione sulle criticità – ma anche sull’attualità – dell’ “utopia” marcusiana.

Lorena Lanzoni ha studiato alle Università di Bologna, Parma e Milano, ed ha conseguito il dottorato di ricerca in Interazioni Umane presso lo IULM di Milano, discutendo una tesi sulla trasmissione della memoria collettiva in comunità colpite da violenze collettive. Recentemente ha svolto attività di ricerca sul tema della memoria della Seconda guerra mondiale nel quadro del progetto europeo Comenius/Grundtvig. Docente a tempo indeterminato presso il Liceo “Gobetti” di Scandiano (Reggio Emilia), è co-autrice, con Lino Rossi, dei manuali per le scuole superiori Labirinti della mente e Sguardi sulle scienze umane, entrambi pubblicati da Zanichelli-Clitt (Bologna-Roma).

Ilaria Papandrea (IPOL – Istituto Psicoanalitico di Orientamento Lacaniano di Torino)

goLezione: giovedì 29 settembre, aula 404, IV piano, ore 10-12. Seminario: giovedì 29 settembre, aula 402, IV piano, ore 14-16 e venerdì 30 settembre, aula 402, IV piano, ore 9,30-11,30.

Sigmund Freud e il decentramento del soggetto

La scoperta di Freud – come ci ricorda lo psicoanalista francese Jacques Lacan – è situata esattamente nel punto in cui “nel sogno, nell’atto mancato, nel motto di spirito” si manifestano l’inciampo, la sorpresa. È lì che “il soggetto si sente superato, per cui ne trova, a un tempo, più e meno di quanto si aspettasse”. È occorso che qualcuno si prestasse a raccogliere il brillio di questa sorpresa, a non volere suturare subito l’aperura della faglia che si scava nel cuore dell’io, perché un nuovo discorso, quello psicoanalitico, potesse prodursi. Attraverso la lettura di alcuni testi di Freud, e anche grazie alla ripresa, da parte di Jacques Lacan, del carattere più sovversivo della scoperta freudiana, il corso intende soffermarsi in modo particolare sul decentramento del soggetto, apporto originale della psicoanalisi a tutto il pensiero del Novecento.

Ilaria Papandrea è laureata in Filosofia presso l’Università di Trieste, dove ha discusso con Pier Aldo Rovatti una tesi sul problema del tempo in Freud e Lacan, e in Psicologia criminale e investigativa presso l’Università di Torino, dove ha 13 discusso una tesi su Franco Basaglia. È psicologa abilitata e specializzanda all’Istituto psicoanalitico di orientamento lacaniano (IPOL) di Torino, dove sta completando la propria formazione come psicoterapeuta. È Coordinatrice delle attività terapeutiche presso Le Comunità Psichiatriche “Il Montello” di Serravalle Scrivia (Alessandria) e socia del Centro Psicoanalitico di Trattamento dei malesseri contemporanei di Torino. Partecipa alle attività della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi. È redattrice delle riviste “aut aut” e “Appunti”.

Damiano Cantone (ISIS “Malignani” di Udine – Direttore della rivista “Scenari”)

goLaboratorio:  4 ottobre, aula 404, IV piano, ore 16,15- 18,15

Il cinema e la psicoanalisi condividono grosso modo la stessa data di nascita. Assieme percorrono le vicende del Novecento, incrociandosi con le forme e della cultura e dell’arte che caratterizzano la storia del secolo scorso. Il laboratorio di cinema e psicoanalisi intende offrire agli studenti le coordinate per orientarsi in questo percorso che è al contempo teorico, pratico e storico. Questo avverrà tracciando i contorni di tre piani di discorso distinti. Nel primo vedremo come il cinema ha usato la psicoanalisi per migliorare o strutturare i propri funzionamenti narrativi Nel secondo come il cinema ha rappresentato la psicoanalisi, contribuendo alla sua vulgata popolare e alla sua diffusione sociale. Nel terzo e più impegnativo livello vedremo come la psicoanalisi si è rapportata al cinema, facendone spesso luogo di esemplificazione concettuale e più raramente strumento di sperimentazione teorica. Da Musatti a Lacan, da Metz a Žižek ripercorreremo per punti i principali approcci psicoanalitici alla teoria dell’identificazione, dello sguardo e della proiezione.

Damiano Cantone (Udine 1977) ha insegnato Storia dell’Estetica presso l’Università degli studi di Trieste. Si occupa dei rapporti fra cinema e filosofia, con particolare attenzione al lavoro di Gilles Deleuze. Ha pubblicato, fra gli altri, interventi su Deleuze, Lyotard, Hitchcock, Cronenberg. Tra le sue pubblicazioni recenti ricordiamo I film pensano da soli (Milano 2013) e (con P. Tomaselli) Suspense! Il cinema della possibilità (Napoli 2016) È traduttore e curatore di numerose opere del filosofo sloveno Slavoj Zizek; è direttore della rivista Scenari e redattore della rivista “aut aut”.

Giovanna Gallio (Laboratorio di Filosofia Contemporanea di Trieste)
goSeminario: martedì 27 settembre, aula 402, IV piano, ore 10-12 e 14-16

Freud e la psichiatria del Novecento

Il seminario si propone di ricostruire a grandi linee il rapporto tra psicoanalisi e psichiatria nel secolo scorso a partire da un evento-chiave: il viaggio di Freud e di Jung negli Stati Uniti nel 1909. Oltre a mettere a fuoco l’influenza della psicoanalisi nel ricollocare il confine tra normale e patologico, e tra follia e salute mentale, si discuterà della “istituzionalizzazione” della dottrina freudiana una volta elevata a paradigma scientifico. Evocando un dibattito che era molto vivo negli anni 60/70, ci si chiederà quali sono le conseguenze del passaggio della psicoanalisi dall’esperienza e dalla pratica terapeutica al codice, e la sua conversione in “psicanalismo”.

Psicologa e sociologa, Giovanna Gallio è consulente per la formazione dell’Azienda sanitaria triestina. Ha lavorato a stretto contatto con Franco Basaglia a Trieste. Ha progettato e svolto attività di valutazione e di ricerca in collegamento con il Ministero della Sanità, con il Ministero degli Affari sociali e con l’Oms. È redattrice della rivista “aut aut” e autrice di numerose pubblicazioni saggistiche, tra le quali la cura del fascicolo monografico di “aut aut” intitolato Basaglia a Colorno (Milano 2009) e il saggio La découverte de la réalité. Sartre maître de Basaglia, apparso nella rivista “Les Temps Modernes” (Parigi 2012).

Massimiliano Roveretto (Liceo Scientifico “Buonarroti”, Monfalcone), con la partecipazione di Carla Troilo (Laboratorio di Filosofia Contemporanea, Trieste)
goLezione: mercoledì 28 settembre, Via Alviano, 18, aula 404, IV piano, ore 16,30-18,30
Seminario: giovedì 29 settembre, aula 402, IV piano, ore 14-16 e venerdì 30 settembre, ore 9,30-11,30.

Freud e il feticismo come discorso culturale

Il percorso, che prende a prestito il titolo da un volume pubblicato alcuni anni or sono negli Stati Uniti, muoverà da una delucidazione dei concetti fondamentali della psicoanalisi freudiana e dall’individuazione del rapporto tra natura e cultura come uno dei suoi possibili punti di incontro con la riflessione filosofica novecentesca. Successivamente, dopo aver ricostruito il paradigma teorico in cui Freud inquadra il fenomeno in ambito clinico, si procederà a mostrare come analisti, filosofi e altri studiosi abbiano potuto applicarlo a ulteriori e più ampi aspetti della società contemporanea

Massimiliano Roveretto insegna Filosofia e Storia al liceo “Buonarroti” di Monfalcone ed è redattore della rivista “aut aut”. Ha collaborato per diversi anni con Pier Aldo Rovatti agli insegnamenti di Estetica e di Filosofia contemporanea presso l’Università di Trieste. È stato inoltre docente a contratto di Estetica per il corso di laurea in Architettura dell’Università di Udine. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia con una tesi sul feticismo in Freud. I suoi interessi vertono principalmente sul pensiero filosofico francese del Novecento, sulla psicoanalisi e sui rapporti tra pensiero filosofico e scrittura letteraria. Ha pubblicato, tra gli altri, su rivista e in volumi collettivi, saggi su Proust, Pasolini, Lacan e sui temi del lavoro e del falso.

Carla Troilo ha studiato Filosofia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Nel corso dei suoi studi universitari e post universitari si è occupata soprattutto del pensiero di Michel Foucault del quale ha tradotto, con Massimiliano Nicoli, il corso Lezioni sulla volontà di sapere. Corso al Collège de France (1970-1971).

Lino Rossi (IUSVE – Istituto Universitario Salesiano di Venezia)

goLezione: Via Alviano, 18 Aula 404, IV piano, lunedì 3 ottobre, ore 14-16
Seminario: Aula 402, IV piano, martedì 4 ottobre, ore 10-12 e 14-16.

Esplorando il lato “oscuro”: guerra, morte e aggressività nel pensiero di Sigmund Freud

Nel 1914 Sigmund Freud salutava con certo entusiasmo e con curiosa partecipazione l’inizio delle ostilità belliche e osservava con interesse le sfilate dei giovani passare sotto le bandiere spiegate dell’aquila austriaca. Solo dopo qualche mese il suo giudizio muta d’accento e l’ombra di una terribile impressione s’impossessa del grande maestro della psicoanalisi nel cogliere gli esiti soggettivi dei traumi impressi sui primi reduci dal fronte, già carichi di effetti patologici, tanto da rendere necessaria una revisione della sua teoria delle nevrosi.
La guerra rende visibile ciò che non lo era: manifesta il lato oscuro dell’umano, consente l’incontro con la morte. La morte dell’altro, ma anche la propria. L’uomo non coglie l’esperienza del morire se non di fronte al corpo ucciso del nemico, e questo apre la strada verso la comprensione della vulnerabilità. Vita come finitudine quindi e come desiderio del finire. Inizia così una serie di domande, destinate a ricevere risposte molteplici, diseguali, contraddittorie. Perché la guerra? Su cui si confronterà con Albert Einstein. Perché il morire rappresenta un vuoto di coscienza, su cui l’inconscio realizza mete e interessi che s’intrecciano con la vita affettiva? Perché infine l’aggressione e la ricerca della quiete si confrontano nell’estremo tentativo di controllare ciò che la ragione non è in grado di affrontare?
Nella lezione si cercherà di analizzare, attraverso alcune letture dei testi freudiani, la ricerca di senso che la psicoanalisi offre nei confronti della distruttività umana, mettendo in evidenza il rapporto fra morte e violenza. Nel seminario si approfondiranno le problematiche relative al tema della guerra, nella prospettiva di cogliere la terribile attrazione dell’uomo per la distruzione dell’altro e di se stesso.

Lino Rossi è dottore in ricerca in Sociologia (Università di Parma) e in Interazioni Umane (IULM di Milano), e docente di Psicologia dello Sviluppo presso lo IUSVE di Venezia. Ha insegnato nelle scuole elementari e superiori in Emilia-Romagna ed è stato docente a contratto nelle Università di Parma, Modena e Ferrara. Oltre a una lunga esperienza di didattica e di ricerca nel campo pedagogico, è autore di oltre duecento pubblicazioni, tra le quali Adolescenti criminali. Dalla valutazione alla cura (Roma, 2004), Psicologia moderna e sviluppo psichico del bambino (Atene, 2006), Lezioni di psicologia dello sviluppo (Napoli, 2009), Sviluppo umano e progresso dell’umanità (Napoli, 2010), Saperi e doveri per una cultura dell’infanzia (Reggio Emilia, 2014). È co-autore, con Lorena Lanzoni, dei manuali per la scuola superiore Labirinti della mente e Sguardi sulle scienze umane, entrambi pubblicati da Zanichelli-Clitt.

Tiziano Possamai (Accademia di Belle Arti di Venezia)
goLezione:, lunedì 26 settembre, Polo Universitario di Gorizia, in via D’Alviano, 18, aula 404, IV piano, ore 16-18.
Seminario: martedì 27 settembre, aula 203, II piano, ore 10-12 e 14-16.
Il doppio inconscio di Freud

Con Freud e la psicoanalisi entra con forza nella scena del pensiero del Novecento il concetto di inconscio. Questa entrata produce un capovolgimento di prospettiva sostanziale per la ricerca filosofica, una disciplina incentrata da sempre sull’attività della coscienza. La celebre metafora dell’iceberg ben rappresenta la misura di questo capovolgimento, le cui ripercussioni si fanno sentire tuttora nei diversi campi delle scienze umane.
Il seminario prenderà in esame, insieme ad alcune di queste ripercussioni, alcuni attuali sviluppi del concetto in questione, dai quali risulta un significativo ampliamento, una sorta di raddoppio della realtà che tale concetto cerca di rappresentare.

Tiziano Possamai è docente di Psicologia della comunicazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ed è tra i fondatori dell’Osservatorio sulle pratiche filosofiche di Trieste. Dottore di ricerca in Filosofia teoretica, si è occupato del pensiero di Gregory Bateson, con particolare attenzione ai suoi studi sulla comunicazione, delle ricerche di Michel Foucault, delle nuove forme della riflessione filosofica contemporanea. Ha avuto incarichi d’insegnamento in diversi licei e presso le Università di Trieste e Ca’ Foscari di Venezia. Oltre a vari contributi in riviste e volumi collettivi, ha pubblicato Dove il pensiero esita. Gregory Bateson e il doppio vincolo, ombre corte, Verona 2009, e Consulenza filosofica e postmodernità. Una lettura critica, Carocci, Roma 2011. Attualmente la sua indagine è rivolta ai processi di costituzione (e trasformazione) del soggetto.

Igor Pelgreffi (Università di Verona)
Lezione: lunedì 26 settembre, Polo Universitario di Gorizia, in via D’Alviano, go18, aula 404, IV piano, ore 10-12
Seminario: martedì 27 settembre, aula “Docenti”, VI piano, ore 10-12 e 14-16
Psicoanalisi, decostruzione e scrittura: il legame complesso tra Freud e Derrida

Quale rapporto possiamo stabilire tra psicoanalisi e decostruzione? Le lezioni indagheranno da una parte come alcuni elementi della psicoanalisi siano filtrati nel dispositivo decostruttivo derridiano e dall’altra il modo originale con cui Derrida ha rielaborato diversi motivi freudiani. Dopo una presentazione dei principali elementi della filosofia di Derrida, ci si soffermerà sul tipo di debito contratto da Derrida verso Freud, in particolare: nelle idee centrali del suo pensiero (différance, scrittura, traccia); nel tipo di critica alla nozione di soggetto; nell’importanza dell’inconscio nei processi decostruttivi. Poi, esaminando alcuni testi di Derrida, fra cui Freud e la scena della scrittura e Speculare – su “Freud”, verranno approfondite la questione del vivente, la questione dell’istituzione del sapere nel suo rapporto con la ripetizione e il problema autobiografico dell’auto-riproduzione del soggetto. Nelle conclusioni si tenterà di tematizzare il nesso filosoficamente rilevante tra queste tre questioni.

Igor Pelgreffi è professore a contratto in Etica e filosofia della persona (Università di Verona) e docente nella scuola superiore a Bologna. È redattore di “Kaiak. A Philosophical Journey” e di “Officine filosofiche”, e collaboratore di “Doppiozero” e “Lo sguardo”. La sua ricerca parte da un interesse per Nietzsche e per la filosofia contemporanea (ha curato l’edizione italiana di opere di Derrida, Nancy e Žižek), e si concentra sui temi della corporeità e delle relazioni tra filosofia, scrittura e corpo (saggi su Bernhard, Camus, Derrida, Gadda, Gargani, Morselli, Nancy, Nietzsche, Sennett, Žižek). Più di recente, all’interno di un’analisi critica delle diverse forme espressive del “filosofico” in epoca contemporanea, si è occupato sia di autobiografia che della natura del rapporto tra il filosofo e i dispositivi mediali. Attualmente sta sviluppando una ricerca sul tema dell’automatismo. Tra i suoi libri: La scrittura dell’autos. Derrida e l’autobiografia (2015), Scrittura e filosofia. Jacques Derrida interprete di Nietzsche (2014) e la curatela de Il pensiero e il suo schermo. Morfologie filosofiche fra cinema e nuovi media (2013).

Chiara Collamati (Università di Padova)

goLezione: mercoledì 28 settembre, Via Alviano, 18, aula 404, IV piano, ore 14-16.
Seminario: giovedì 29 settembre, aula “Docenti”, VI piano, ore 14-16 e venerdì 30 settembre, ore 10-12.

Una psicanalisi senza inconscio. L’approccio sartriano al pensiero di Freud

Durante la lezione mostreremo il posizionamento critico adottato da Sartre nei confronti della psicanalisi freudiana, evidenziando in particolare i presupposti filosofici del rifiuto della categoria d’inconscio. A tal scopo, verrà presentato il progetto di «psicanalisi esistenziale» tratteggiato ne L’essere e il Nulla, dopo aver fornito brevemente le coordinate generali dell’opera e del contesto storico-filosofico in cui essa si colloca. Verranno inoltre evocati gli esperimenti di «biografie esistenziali» che Sartre ha condotto su figure quali Baudelaire, Genet e Flaubert. Si farà riferimento, infine, alla stesura di una sceneggiatura su Freud, richiestagli dal registra J. Houston per il film Freud: The secret passion (1962), cui Sartre rifiuterà però di associare il suo nome. Il manoscritto risulta però utile per comprendere il complesso rapporto (di vicinanza, non solo di opposizione) che Sartre ha instaurato con il pensiero freudiano.
La prima sessione del seminario propone un affondo mirato nella sezione IV de L’essere e il nulla, (capp. I-II): qui Sartre si confronta criticamente con il metodo della psicanalisi freudiana, rifiutandone gli assunti fondamentali (l’idea di inconscio), ma tentando al contempo di integrarne alcuni aspetti nella propria concezione della psicanalisi (in particolare: l’idea di nevrosi, il ruolo della sessualità e dell’infanzia nella comprensione dei fenomeni psichici, il carattere significante di ogni atto o comportamento umano).
La seconda sessione del seminario prenderà in esame quello che può essere considerato il primo tentativo di psicanalisi esistenziale, ovvero lo scritto che Sartre dedica a Baudelaire nel 1946. Quest’ultimo permetterà di compiere tre passaggi analitici:
– comprendere come Sartre abbia “messo in pratica” il proprio metodo psicanalitico, applicandolo ad un caso specifico;
– interrogare l’effettiva tenuta della psicanalisi esistenziale come tentativo di comprensione del rapporto tra la dimensione singolare del vissuto (fin nelle sue forme patologiche) e le determinazioni storico-sociali del comportamento umano; o ancora, il nesso che lega nevrosi e creazione letteraria.
– riflettere, infine, sui limiti interni alla lettura sartriana di Freud.

Chiara Collamati è dottore di ricerca in Filosofia Politica e Storia del Pensiero Politico presso l’Università degli Studi di Padova e l’Université de Toulouse II Jean Jaurès. È autrice di diversi saggi, apparsi in Italia e all’estero, dedicati al pensiero sartriano. È membro del “Gruppo di ricerca sui processi di soggettivazione politica nella società contemporanea” dell’Università di Padova, e del “Groupe Belge d’Études Sartriennes” dell’Université de Liège. I suoi interessi di ricerca si concentrano sul pensiero francese contemporaneo, sulla filosofia di Marx e sul marxismo riletti a partire da un approccio marcato dalla Teoria Critica e dalla Storia Concettuale.

Graziella Berto (Liceo Scientifico Statale “Copernico” di Udine)

goLezione: 3 ottobre, Via Alviano, 18, aula 404, IV piano, ore 16-18
Seminario: 4 ottobre, aula 203, II piano, ore 10-12 e 14-16

Pensare con Freud: la decostruzione di Derrida

La lezione si propone di mostrare come il “pensiero dell’inconscio” che sta al centro della psicoanalisi freudiana venga letto da Derrida nel “pensiero della differenza” o “decostruzione”: l’inconscio mette in gioco una critica della presenza che, mentre scuote la nozione di coscienza e di soggetto, mette in crisi la logica stessa dell’identità su cui si basano il nostro pensiero e la nostra cultura, e introduce così un rimando alla dimensione dell’alterità come inassimilabile. A essere messa in questione è, in questo modo, anche l’idea di “sovranità”, in tutte le sue implicazioni. Appellarsi all’inconscio significa scardinare un modo di pensare fondato sulla definizione e sulla distinzione netta tra lo stesso e l’altro, significa prendere sul serio la dimensione della scrittura. Questi effetti dell’inconscio vengono analizzati in particolare negli sviluppi che il pensiero freudiano raggiunge in Al di là del principio di piacere e nei lavori a esso collegati, con l’emergere delle “pulsioni di morte” e della “ripetizione”.
Il seminario si incentrerà sulla lettura di passi di questo testo attraverso la guida di Derrida, cercando di far emergere un “esercizio” di decostruzione e di mettere in atto questa modalità di pensiero.

Graziella Berto insegna Filosofia e Storia presso il Liceo Scientifico “Copernico” di Udine. Si è laureata in Filosofia contemporanea a Trieste ed è dottore di ricerca in Filosofia. Ha lavorato all’università di Trieste con Pier Aldo Rovatti in un progetto di ricerca sull’alterità nel pensiero contemporaneo, ed è stata professore a contratto di Filosofia della cultura e di Filosofia e scrittura. Ha tradotto e curato vari testi di Jacques Derrida. È autrice di L’attimo oscuro: saggio su Ernst Bloch (Unicopli 1988), di Freud, Heidegger, lo spaesamento (Bompiani, 2002) e di numerosi saggi e articoli sul pensiero contemporaneo.

Pier Aldo Rovatti (Direttore della rivista “aut aut”, Laboratorio di Filosofia Contemporanea di Trieste)
goMercoledì 5 ottobre, Via Alviano, 18, aula 404, ore 10-12

Per più di 35 anni Pier Aldo Rovatti (Modena 1942) ha insegnato Filosofia contemporanea, Filosofia teoretica ed Estetica a Trieste. Dal 1974 dirige la rivista di filosofia “aut aut”. Si è formato a Milano alla scuola fenomenologica di Enzo Paci. Ha scritto monografie su Sartre, Whitehead, Marx, Levinas, Heidegger, e si è prevalentemente occupato della questione della soggettività approfondendo i temi del gioco, del paradosso, del silenzio e dell’ascolto, e sviluppando i presupposti del “pensiero debole” (cui ha dato vita nel 1983 insieme a Gianni Vattimo). Negli ultimi anni si è soprattutto relazionato alle ricerche di Michel Foucault e Jacques Derrida. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Restituire la soggettività. Lezioni sul pensiero di Franco Basaglia (Alfabeta, Bolzano 2014), Un velo di sobrietà (il Saggiatore, Milano 2013), Noi, i barbari (Cortina, Milano 2011), Etica minima. Scritti quasi corsari sull’anomalia italiana (Cortina, Milano 2010), Abitare la distanza. Per una pratica della filosofia (Cortina, Milano 2007). Collabora con i quotidiani “la Repubblica” e “Il Piccolo”, dove tiene una rubrica settimanale.

Francesco Valagussa (Università S. Raffaele di Milano)
goVenerdì 30 settembre, Via Alviano, 18, aula 404, ore 15-17
Nietzsche e la psicoanalisi

Nietzsche eredita dalla grande tradizione dell’idealismo tedesco concetti come “io”, “anima”, “autocoscienza”, “spirito”: la sua rielaborazione e potremmo dire la sua vera e propria trasvalutazione di tali “valori” costitutivi per il pensiero occidentale spalanca le porte del Novecento su quel vasto e caotico territorio di forze, impulsi e processi che brulicano per così dire alle spalle della coscienza.

Francesco Valagussa è professore associato di Estetica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Ha curato opere di Kant, Hegel, Simmel, Benjamin e Musil. Membro della Società italiana di estetica (SIE). Coordinatore scientifico del Master in Retorica per le Imprese, la Politica e le Professioni presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. Vice direttore del Centro di Ricerca di metafisica e filosofia delle arti – DIAPOREIN. Tra le sue ultime opere: La scienza incerta, Roma 2015; Il globo senza legge, Milano

Paolo Godani (Università di Macerata)Mercoledì 28 settembre, Polo Universitario di Gorizia, in via D’Alviano, 18, aula 404, ore 9,30-11,30
Per la critica dell’economia libidinale

Si potrebbe dire che i due volumi di Capitalismo e schizofrenia (L’Anti-Edipo e Millepiani, che Gilles Deleuze e Félix Guattari scrivono insieme e pubblicano rispettivamente nel 1972 e nel 1980) siano una critica della psicanalisi, così come l’opera di Marx è una critica dell’economia politica. Deleuze e Guattari mostrano, nei riguardi di Freud, la stessa ammirazione e la stessa violenza critica che Marx nutre nei confronti della scienza economica borghese. Bisognerebbe però aggiungere che quei testi intendono essere non solo una critica dell’economia libidinale, ma anche un proseguimento della stessa critica dell’economia politica. Per Deleuze e Guattari, infatti, non può esservi separazione tra economia politica ed economia libidinale. La libido si innesta immediatamente sul terreno collettivo dell’economia e della politica, così come le dinamiche del capitale agiscono fin dentro i meccanismi che regolano il desiderio.

Paolo Godani (La Spezia 1974) insegna Estetica all’Università di Macerata. Si occupa di filosofia moderna e contemporanea, ed è autore fra l’altro di Bergson e la filosofia (Pisa 2008), Deleuze (Roma 2009), Senza padri. Economia del desiderio e condizioni di libertà nel capitalismo contemporaneo (Roma 2014) e La vita comune. Per una filosofia e una politica oltre l’individuo (Roma 2016). Collabora con le riviste “Alfabeta 2” e “Opera Viva”.

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Qualche foto dalla Summer school 2016

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Beatrice Bonato presenta Pier Aldo Rovatti

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La lezione di Rovatti

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L’attenzione degli studenti

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In attesa dell’inizio della lezione

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Il professor Igor Pelgreffi a lezione

e  il seminario

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Il professor Tiziano Possamai guida gli studenti durante il suo seminario

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La lezione della professoressa Graziella Berto

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Interni escheriani dell’edificio